Forum Mediterraneo di Roma discorso di Pierpaolo Abet, Fondatore e Direttore del Mediterranean Forum Of Rome
Siamo dunque giunti alla conclusione di questa intensa giornata della seconda edizione del Forum Mediterraneo di Roma; intensa, per l’alto livello di attenzione che gli illustri relatori hanno, senza dubbio, saputo mantenere nella platea, affrontando, nelle varie declinazioni settoriali, temi estremamente sentiti e che toccano da vicino e trasversalmente tutti noi Italiani, Europei e abitanti delle sponde del Mediterraneo. procedendo con ordine è doveroso rivolgere un ringraziamento: al Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e alla Croce Rossa Italiana per aver concesso il loro patrocinio, e a tutti gli speaker intervenuti, prestigiosi rappresentanti del mondo Diplomatico, Accademico, Istituzionale e della società civile. Un sentito ringraziamento per la presenza ma anche e soprattutto, per l’importante contributo dato, in termini di contenuti a questa iniziativa che, lo possiamo affermare, si è definitivamente configurata e strutturata come una piattaforma permanente di dialogo capace di creare internconnessioni stabili ed opportunità qualificate di incontro non solo per discutere temi e problemi ma soprattutto per ricercare idee innovative e soluzioni concrete alle sfide urgenti che l’area del Mediterraneo pone. Un presupposto importante dunque per il prosieguo di questo progetto. La prima edizione del 2017 riscosse un grande successo suscitando un ampio dibattito scientifico ed offrendo indicazioni concrete sul piano politico, ma lasciando anche significativi spunti di riflessione sui quali si è voluto costruire questa nuova edizione per misurare e considerare questi temi, di stringente attualità, alla luce del cambiamento degli scenari politici e dei rilevanti avvenimenti internazionali anche di tipo bellicistico che si sono susseguiti.
Cosa rappresenta oggi il Mediterraneo sulla scena mondiale?
La risposta, che possiamo trarre con un esercizio di sintesi dai diversi interventi, è che sicuramente oggi l’area del Mediterraneo rappresenta un quadrante regionale di forte interesse per la competizione geopolitica delle maggiori potenze economico-militari della terra, e che nelle continue dinamiche conflittuali si colloca all’interno di una dimensione strategica che valica i confini regionali ponendo nuovamente il Mediterraneo al centro della scena mondiale. Parlare di Mediterraneo dunque significa dover fare i conti anche con un profondo mutamento del semplice concetto geografico che con un progressivo allargamento è arrivato a coinvolgere nei suoi fenomeni di crisi intere aree dell’entroterra, oggi abbiamo sentito parlare, con riferimento ai temi del Mediterraneo, di Medio Oriente, di Balcani, del Mar Nero, del Golfo Persico e addirittura di Africa subsahariana per le rotte dei migranti, un’area enorme caratterizzata, in alcuni settori, da frammentazioni, guerre, rivalità egemoniche e vuoti di potere governativo che hanno favorito il diffondersi di organizzazioni criminali capaci di controllare ed influenzare interi territori utilizzando anche il traffico dei migranti. In questo scenario il Mediterraneo rischia di perdere, sempre di più, quella sua connotazione di zona di cooperazione e di scambio soggiacendo a vincoli di tipo prettamente militari e di sicurezza, degradando così nella percezione europea a mera zona di separazione da aree turbolente, instabili e pericolose da dove provengo continui flussi migratori e minacce terroristiche. L’imponente fenomeno migratorio incontrollato, con una gestione caratterizzata da continue prassi che hanno soppiantato, in alcuni casi, il diritto, ha evidenziato, anche con la tensione creatasi tra stati Europei delle ultime settimane, la necessità di una nuova e condivisa strategia che affronti in modo strutturato e lungimirante la questione, riaffermando il principio di legalità e sottraendo aspetti di questa gestione ad organizzazioni non controllate o non controllabili, intervenendo, con forme di partenariato con gli stati di origine, direttamente nelle aree da dove si generano i flussi.
Una strategia di ampia visione che intervenga sulle cause e dunque sui veri problemi del Mediterraneo che, come più volte è emerso negli interventi sin dalla prima edizione del forum, sono stati totalmente mascherati dal fenomeno dei migranti. La dichiarazione di Barcellona, argomento ricorrente nei vari interventi, stabilì la possibilità di un partenariato euro-mediterraneo tra la sponda nord e quella sud, ma oggi, con il mutato quadro geopolitico internazionale, l’adesione di altri stati all’unione Europea, il perdurare dell’instabilità e dei conflitti nel medio oriente, la stabile presenza della Russia nel Mediterraneo e i nuovi corridoi economici della via della seta aperti dalla Cina, è necessaria una “nuova agenda” per la stabilità, la sicurezza e l’identità, ed avviare un percorso per una crescita inclusiva che favorisca il raggiungimento di risultati concreti e duratori.
Una crescita possibile, con investimenti sostenibili che valorizzino le peculiarità e le potenzialità del Mediterraneo, come è stato evidenziato nella sessione dedicata, ma anche e soprattutto con una responsabile cooperazione politica a limitazione dell’interesse prettamente orientato sull’asse economico e degli interessi contrapposti dei singoli Stati europei rispetto ai paesi dell’area africana. Una crescita inclusiva, dunque, attraverso il dialogo e la cooperazione, poiché la storia degli ultimi decenni ha dimostrato in modo evidente l’assoluta inadeguatezza di soluzioni unilaterali sia esse politiche che militari.
E’ sempre difficile però comprendere i fenomeni geopolitici se non si tiene conto di quelle che oggi sono le risorse fondamentali quali il petrolio e il gas, che rappresentano ancora le fonti di energia più utilizzate e quindi in grado di condizionare il funzionamento della società moderna. il mercato del petrolio è dunque sempre tra le priorità dell’agenda estera di qualunque Stato tecnologicamente avanzato ed è per questo che le dinamiche geopolitiche troppo spesso si intrecciano proprio con i flussi del mercato dell’oro nero. L’area sud- est del Mediterraneo raccoglie i territori con le riserve petrolifere e di gas tra le più importanti al mondo, e sono gli stessi territori dove alcuni Stati sono stati travolti, negli ultimi decenni, da guerre, rivolte o colpiti da continue pressioni economiche che ne hanno cambiato radicalmente gli assetti politici e i relativi partner occidentali di riferimento.
In questa ultima sessione “un nuovo modello per la transizione energetica sostenibile”, sono stati affrontati temi fondamentali e strategici come l’economia circolare, smart cities, decarbonizzazione ed energy mix. C’è da aggiungere che non vi sono dubbi sulle prospettive di un aumento dell’uso di energia rinnovabile in tutta la regione euro-mediterranea, il cui potenziale su scala industriale è enorme con un grande impatto sulla creazione di posti di lavoro, sulla crescita, ma anche sulla capacità di indipendenza energetica degli stati. Il Regno del Marocco ci dà, in questo senso, una concreta testimonianza con i forti investimenti che sta effettuando sul settore dell’energia da fonti rinnovabili, con l’obiettivo di portare la propria capacità di produzione da fonti pulite al 42% già entro il 2020. Ma quale ruolo può assumere l’Italia alla luce dei nuovi scenari geopolitici euro-mediterranei? Nei vari interventi e da diverse angolazioni sono state tracciate le linee del ruolo che potrebbe svolgere l’Italia nel Mediterraneo dal punto di vista economico, politico militare, assumendo quella capacità di valorizzare, con la sua posizione, i suoi porti e le sue infrastrutture le opportunità derivanti dal crescente sviluppo dell’”economia blu” e ponendosi come promotore di una regia finalizzata alla condivisione, allo scambio, alla crescita e alla cooperazione nell’area, in sintesi, un approccio, che con la diplomazia come protagonista, definisca un ruolo di pace dell’Italia nel Mediterraneo e una funzione di mediatore tra il mondo occidentale e quello arabo. La presidenza Italiana 2018 dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la Cooperazione Europea) potrà favorire in questo senso l’Italia, considerando però lo scenario libico e quello siriano come il vero banco di prova per una reale crescita in termini di leadership nella regione, questo significherebbe per l’Italia assumersi una diversa responsabilità per il Mediterraneo ed anche nei confronti dell’Unione Europea stessa.
Oggi, e più volte, il mediterraneo è stato ricordato come Mare Nostrum… e questo accade in ogni evento, studi o riviste quando si parla del Mediterraneo con associazione alla posizione geograficamente strategica della penisola italiana, o per un richiamo storico, o perché attribuito come nome ad operazioni di salvataggio dei migranti.
Ma Mare Nostrum, nella forte pienezza del suo fonema, richiama un tempo in cui, nella luce della Romanità, la civiltà classica si irradiava su tutto il Mediterraneo e l’Europa, nel rispetto delle differenze e sostenendo la comune e legittima aspirazione dei popoli a tenere lontana, dal limite dei propri confini, la barbarie. Un centro da cui per secoli, e per ogni aspetto della sfera umana, promanavano innovazioni in grado di attualizzare, nel presente, quei principi immutabili, reggitori di ogni società di uomini, e che non possono essere mai superati dalla storia. Il tempo della fondazione dell’Europa con i suoi popoli nel segno dell’universalità di Roma, il tempo in cui da quelle profonde radici della classicità e nella sua ultima forma più matura Greco-Romano-Italica e poi Latino-Germanica, il Mediterraneo, nella sicurezza delle sue rotte, fioriva di civiltà e culture, proiettando poi attraverso Bisanzio l’eredità Greco- Romana sull’intero mondo slavo. E dunque oggi, possiamo ancora chiamare il Mediterraneo Mare Nostrum? Tempo fa incontrando l’ambasciatore Hassan Abouyoub, eravamo ad un incontro pubblico quindi posso tranquillamente riferirlo, lo ascoltavo raccontare, e lo cito testualmente, che per molti secoli in lingua magrebina l’Italia veniva indicata con il termine “Terra amica” e invitava, tradendo anche una certa emozione, a visitare le meravigliose tracce del Genio Italico ancora presenti nella sua terra… questa è una cosa che colpisce e che fa sinceramente riflettere. Oggi l’Italia, l’Europa e il Mediterraneo si trovano a dover affrontare una grande e difficile sfida ma, allo stesso tempo, questa sfida rappresenta anche una grande opportunità. Il Forum Med di Roma, come piattaforma permanente, proseguirà il suo lavoro per continuare a rappresentare, stabilmente, un luogo d’incontro, di dialogo e di ricerca aperto trasversalmente a tutte le realtà politiche delle diverse aree del mediterraneo, sia di governo che di opposizione, coinvolgendo, con forme di partenariato, il mondo diplomatico, accademico, associativo ed imprenditoriale, organizzando con delegazioni rappresentative, anche incontri in alcuni stati del mediterraneo, con cui già si sta collaborando. L’ambizioso obiettivo, ma carico anche di responsabilità, è quello di rappresentare con questo Forum, un contenitore qualificato dove elaborare e far confluire istanze concrete a supporto dei processi decisionali e contribuire così ad un possibile e necessario rifiorire del Mare Nostrum. Ringraziando tutti i partecipanti per essere intervenuti e tutti coloro che con impegno hanno reso possibile questo evento, chiudiamo questa edizione 2018 dando, sin da ora, appuntamento alla prossima edizione del Forum Mediterraneo di Roma nel 2019.